Il ricorso alla Corte, con tre distinte ordinanze, era stato presentato dal Tar del Lazio e dal Tribunale di Firenze, ai quali si erano rivolti, rispettivamente, la World Association Reproductive Medicine e una coppia non fertile di Milano. Le questioni di legittimità costituzionale riguardano, in particolare, l'articolo 14 che prevede la formazione di un numero limitato di embrioni, fino a un massimo di tre, da impiantare contestualmente, e vieta la crioconservazione al di fuori di ipotesi limitate e l'art.6 , comma 3, della legge nella parte in cui obbliga la donna, una volta dato il proprio consenso alle tecniche di fecondazione assistita, all'impianto degli embrioni, escludendo così la revoca del consenso.
La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili, per difetto di rilevanza nei giudizi principali, la questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 6, inerente l'irrevocabilità del consenso della donna, e dei commi 1 e 4 dell'articolo 14, ma ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’ art. 14 comma 2, della legge 18 febbraio 2004, n. 40, «limitatamente alle parole "ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre"» embrioni e l’ incostituzionalità del comma 3 dello stesso articolo «nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna».
L'aggiunta del vincolo di procedere senza pregiudizio della salute della donna in una legge disumana, ingiusta e piena di contraddizioni che mortifica la donna considerandola come un contenitore è un passo avanti per l’Italia e per tutti coloro che subiscono ed hanno subito il peso di una legge nata per ferire e limitare chi già si trova ad affrontare problemi e sofferenze. E’ la rinascita della speranza per tutti noi di ottenere una legge giusta, umana, rispettosa del corpo e delle scelte delle donne.