domenica 25 maggio 2008

FAMIGLIA E COPPIE DI FATTO: PARI TUTELA E PARI DIGNITA'

La sentenza n. 20647 del 22/05/2008 ha dato un’interpretazione di sicuro interesse sociale e giuridico della fattispecie delittuosa dei “Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli “ (art. 572 c.p.). La Suprema Corte ha confermato, con la sentenza, la necessità di tenere insieme modernità e diritti, di tutelare nella società di oggi le persone in maniera completa eliminando i paraocchi e la tendenza a codificare i diritti in stretti ed angusti ruoli sociali imposti dalla c.d. “tradizione” e dalle ingerenze continue di cui è vittima il principio di “laicità dello Stato”. Questa decisione, con la quale è stato confermato il carcere per un uomo indagato per aver sottoposto per anni la convivente a continue violenze fisiche e morali, è una conquista di dignità in termini individuali e collettivi soprattutto per donne e bambini. Il punto nodale della sentenza è il seguente passaggio: «Ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia non assume alcun rilievo la circostanza che l’azione delittuosa sia commessa ai danni di persona convivente more uxorio» precisamente «il richiamo contenuto nell’art.572 c.p. alla famiglia deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo, ricomprendendo questa nozione anche la famiglia di fatto». Per cui si può affermare, con una certa soddisfazione per chi si impegna nella lotta contro ogni tipo di discriminazione, che chi maltratta la convivente si macchia del reato di maltrattamenti in famiglia allo stesso modo di chi è regolarmente sposato e che essere la «semplice convivente», definizione della persona offesa data dalla difesa dell’uomo in sede di ricorso, non implica una minor tutela né quell’aura dispregiativa che spesso viene attribuita alle coppie di fatto colpendo in particolar modo le donne ree di non aver contratto matrimonio…..in una società in cui la donna è ancora identificata come figlia di…, moglie di…, madre di…, si è finalmente fatto un passo in avanti per il riconoscimento della sua identità di singolo titolare di diritti e doveri.
Avv. Elena Bistocchi

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